Uno squalo bianco, Carcharodon carcharias, attratto da un’esca
Nonostante la mia passione per animali criptici, adattati ad ambienti estremi, e spesso piuttosto peculiari dal punto di vista evolutivo, ammetto che il grande squalo bianco, Carcharodon carcharias, ha sempre esercitato su di me un certo fascino: così, nell’ormai lontano 2004, ho preso un volo per Gansbaai, a poca distanza da Cape Town, per studiare da vicino questo grande ed efficiente predatore, un vero re del mare.
Lo squalo bianco può raggiungere 7 metri di lunghezza e 3 tonnellate di peso, ed è dotato di un corpo possente e muscoloso, di forma idrodinamica. La grande coda omocerca, le fessure branchiali molto ampie e la temperatura corporea più elevata di quella dell’acqua grazie ad una efficiente rete mirabilis (complicato sistema di vasi sanguigni in grado di minimizzare la perdita di calore) sono indice di un animale capace di rapidi scatti ed elevate velocità.
I denti, fino a 3.000, sono triangolari e seghettati (il nome del genere significa proprio “dai denti a sega”); quelli funzionali sono 23-28 posti su una sola fila nell’arcata superiore delle mascelle, e 21-25 per ogni fila (due o tre) in quella inferiore, disposizione che permette di strappare brandelli di carne da prede di grandi dimensioni. I giovani si cibano invece di piccoli pesci, com’è dimostrato dalla dentatura fine e acuminata.
Uno squalo bianco, Carcharodon carcharias, attratto da un’esca
Vive in acque costiere superficiali di tutti gli oceani, con due principali popolazioni, una australiana ed una atlantico-sudafricana, ma un buon numero di squali piuttosto stanziali si trova anche lungo entrambe le coste del Nord America; inoltre, una piccola popolazione mediterranea ha eletto il Canale di Sicilia a luogo riproduttivo favorito.
È un animale molto mobile, in grado di coprire grandi distanze; è però piuttosto abitudinario, e ritorna con cadenza stagionale in territori già noti. Gli spostamenti coincidono sempre con condizioni di caccia favorevoli: in effetti, di fronte a Gansabaai, un gran numero di squali pattuglia le coste delle piccole isole di Dyer Island e Geyser Rock, sedi di una ricca colonia di otarie del capo (Arctocephalus pusillus), solo nel periodo coincidente con lo svezzamento delle piccole otarie, che rappresentano facili prede.
Ogni mattina lasciamo le coste di Gansbaai, superiamo la coltre di kelp, e ci dirigiamo al largo, affrontando onde alte fino a 10 metri: qui, di fonte alle isole, possiamo attirare gli squali bianchi, utilizzando tonnetti decongelati e un grande quantitativo di sangue e fegato di altri squali, recuperati dagli scarti dell’industria peschiera, per diffondere scie odorose sulla superficie del mare.
Una volta che gli squali vengono attratti, tramite osservazioni aeree e dalle gabbie metalliche calate in acqua possiamo studiarne il comportamento, stimarne taglia e peso, ed effettuare censimenti riconoscendo i singoli individui tramite le cicatrici presenti sulle pinne e sul muso.
Uno squalo bianco, Carcharodon carcharias, attratto da un’esca
L’acqua è piuttosto fredda (intorno a 16° C) e molto torbida, così gli squali sembrano apparire dal nulla nei pressi delle gabbie, e ogni volta l’emozione è fortissima: sono animali davvero imponenti, che in ogni movimento sembrano mostrare tutta la potenza di cui sono capaci.
L’individuazione della preda avviene spesso a grandi distanze, grazie a sensi molto sviluppati quali l’udito, particolarmente adatto a recepire le basse frequenze prodotte dal dibattersi di grandi organismi, e l’olfatto, sensibile ad ammine ed aminoacidi della carne e proteine del sangue: questo squalo riesce a percepire la presenza di una parte su un milione di sangue in acqua!
A minor distanza entra in gioco la vista; un comportamento caratteristico dello squalo bianco è lo spy-hopping, la parziale emersione per orientarsi rispetto alla costa e individuare prede sulla riva o sul pelo dell’acqua. È un comportamento riscontrato solo negli squali bianchi fra i selaci, mentre è tipico di alcuni misticeti, che lo utilizzano con la sola funzione di orientamento.
Il momento emozionante in cui la gabbia viene calata in mare
La fase finale dell’attacco viene guidata dall’elettroricezione, che permette di captare il debole campo elettrico emesso dalle contrazioni muscolari delle prede. In questa fase lo squalo ruota gli occhi all’indietro per non offrire alla difesa della preda un punto così delicato. La parte posteriore dell’occhio, infatti, è irrobustita da un rivestimento fibroso e sprovvista di cellule sensoriali. Questo spiega perché gli squali talvolta sembrino attaccare le gabbie metalliche in cui alloggiano i subacquei o i motori delle imbarcazioni: il metallo ed i campi elettrici confondono il sistema di percezione dell’animale.
Essendo le prede organismi agili e veloci, è fondamentale per questo squalo potersi avvicinare il più possibile senza essere scorto, ed impedire immediatamente la reazione di fuga. La contrombreggiatura del corpo aiuta a conservare l’invisibilità, mentre la rete mirabilis favorisce scatti di grande potenza, permettendo di raggiungere velocità di oltre 60 km/h.
Per aumentare l’effetto sorpresa, l’attacco avviene dal basso verso l’alto, in condizioni di poca luce, sfruttando la presenza del tapetum lucidum, uno strato riflettente di cristalli di guanina posto dietro la retina, capace di migliorare la visione in condizioni di scarsa luminosità: la silhouette della preda è così evidente contro la superficie, mentre la sagoma del predatore è praticamente invisibile.
Una fase dell’attività di cattura, misurazione, marcatura e rilascio di piccoli squali bentonici di fronte alle coste di Gansbaai
In condizioni di scarsa visibilità lo squalo ricorre ad un approccio lento e circospetto, sfruttando la “palatabilità saggiata”, capacità di percepire il contenuto lipidico della possibile preda, per valutare se ci sono le condizioni per portare l’attacco. Osserviamo questo approccio ogni qualvolta attiriamo esemplari verso la barca: la maggior parte di essi mostra curiosità ed interesse verso l’imbarcazione e noi all’interno della gabbia, e si avvicina con prudenza, osservando spesso la superficie tramite spy-hopping, e in molti casi si allontana senza attaccare l’esca, avendo capito di trovarsi di fronte ad una situazione innaturale.
Un aspetto poco noto dell’etologia di questo animale riguarda l’apprendimento delle tecniche di caccia: è stato osservato come i giovani si esercitino attaccando e poi lasciando fuggire uccelli marini, mentre le popolazioni nordamericane di squali bianchi catturano ed uccidono abitualmente le lontre (Enhydra lutris), senza però nutrirsene: questi animali non soddisfano il palato dello squalo, ma sono utili come addestramento.
A Gansabaai, è facile osservare giovani squali portare attacchi estremamente violenti ed energici, ma spesso senza successo, alle otarie, mentre animali più grandi catturano con facilità, con attacchi rapidi ma misurati. Evidentemente gli squali più piccoli si trovano per la prima volta a fronteggiare prede sconosciute, mentre gli adulti sono già stati in precedenza in questi territori, e hanno imparato come portare l’attacco in maniera efficace e poco dispendiosa.
Un tramonto sudafricano evidenzia il kelp che borda le insenature lungo la costa di Gansbaai
Come tutti i predatori apicali, lo squalo bianco ha un ruolo fondamentale nell’ecologia di molte aree costiere e di mare aperto: è infatti in grado di esercitare un grande controllo su tutta la rete trofica, di favorire l’eliminazione delle prede più deboli, e di ridurre i rischi di epidemie consumando grandi carcasse.
Purtroppo la pesca sportiva e commerciale, soprattutto per ricavare trofei come denti e mascelle, la pratica del finning, la posa di reti antisqualo lungo le coste e le catture accidentali hanno portato ad una notevole diminuzione del numero di esemplari di squali bianchi in tutto il mondo. La progressiva riduzione di questa specie ha già portato a grandi squilibri ecosistemici, che in alcuni casi hanno avuto ripercussioni negative anche sull’uomo, con l’incremento di predatori intermedi che hanno in breve decimato gli stock ittici.
È necessario che una progressiva consapevolezza del ruolo ecologico degli squali bianchi, unita ad una maggiore sensibilizzazione, permetta la sopravvivenza di quello che può davvero essere considerato il re del mare!