La lampreda di mare, Petromyzon marinus
I vertebrati sono tra gli animali più conosciuti ed amati, forse perché a noi più vicini (anche l’uomo è un vertebrato!), benché in realtà costituiscano solo una minima parte delle specie presenti sul nostro Pianeta; tra questi, i pesci, con oltre 33.000 specie note, sono di gran lunga i più abbondanti in termini di ricchezza di specie. Quando parliamo di pesci, ci riferiamo però ad organismi appartenenti in realtà a 4 diversi gruppi di vertebrati: agnati, pesci cartilaginei, sarcopterigi ed actinopterigi.
Gli agnati (Superclasse Agnatha) sono tra i primi vertebrati comparsi sul Pianeta e, come spiega il nome (a-, “senza” + γνάθος (gnáthos), “mascella”), sono accomunati dal possedere una bocca sprovvista di mascelle, contrariamente a tutti gli altri vertebrati attuali. Le prime forme fossili risalgono agli inizi del Cambriano, circa 525 milioni di anni fa, e la massima diversità si è avuta nel Devoniano (416 – 359 mln af), al termine del quale la quasi totalità delle specie si è estinta, forse anche a causa della sempre maggiore competizione con i più evoluti pesci dotati di mascelle.
Particolare dei fori branchiali della lampreda di mare, Petromyzon marinus
Gli unici superstiti hanno forma allungata e cilindrica, mancano di pinne pari, hanno pelle mucosa e priva di scaglie, e lo scheletro, completamente cartilagineo, è limitato alla zona cefalica e branchiale. Oggi sono note soltanto un centinaio di specie viventi, 2/3 delle quali sono missine e circa 1/3 lamprede, divise nelle 2 classi Myxini e Petromyzonti, solo lontanamente imparentate tra loro.
In Italia sono note 4 specie di lamprede, tutte fortemente minacciate di estinzione: la lampreda di mare (Petromyzon marinus), la lampreda di fiume (Lampetra fluviatilis), la lampreda di ruscello (Lampetra planeri) e la lampreda padana (Lethenteron zanandreai). Queste ultime due compiono tutto il loro ciclo vitale in acqua dolce, mentre le altre sono anadrome: l’adulto vive in mare o in zone di estuario, dove si nutre parassitando pesci e cetacei grazie alla bocca circolare irta di dentelli, e raggiunta la maturità risale i fiumi per riprodursi. Da ogni uovo fecondato fuoriesce una larva, detta ammocete, che vive nel fango come filtratrice, prima di subire una metamorfosi e migrare verso il mare.
La lampreda di mare può superare il metro di lunghezza, ed è caratterizzata da una livrea marezzata su toni di giallastro, marrone e grigio; fino ad un secolo fa era ampiamente distribuita in Italia, ma ha subito una drastica diminuzione, soprattutto in seguito alla costruzione di dighe che ne ha limitato la possibilità di risalire i fiumi per riprodursi.
Un nido di lampreda di mare, visibile dalla superficie
Nel 2004 sono stati scoperti giovanili di lampreda di mare lungo il corso dei fiumi Magra e Vara (SP). A seguito di questo rinvenimento, l’ente gestore del Parco Naturale Regionale Montemarcello-Magra, la Provincia della Spezia e l’Università di Genova hanno avviato uno studio che ha evidenziato come il comprensorio costituito da questi due corsi d’acqua sia l’unico sito certo rimasto in Italia per la riproduzione di questa specie.
Gli adulti di P. marinus compiono la risalita riproduttiva in primavera, e nel giro di pochi giorni raggiungono i siti di deposizione; gli esemplari più robusti giungono fino alla diga di Santa Margherita sul Vara, ad una cinquantina di chilometri dal mare! I maschi sono i primi ad arrivare, guidati da feromoni rilasciati dagli ammoceti e, trovato il sito idoneo in zone poco profonde e prossime a punti di forte corrente, iniziano le operazioni di costruzione del nido, che durano un paio di giorni: con la bocca a ventosa spostano ciottoli e massi fino a formare buche dal fondo sabbioso che possono sfiorare il metro di diametro.
A quel punto le femmine entrano nel nido, dove avvengono la copula e la deposizione delle uova, cui segue nel giro di alcune ore la morte di entrambi i partner. La schiusa avviene poco tempo dopo, e gli ammoceti trascorrono fino a 5 anni infossati nel substrato, prima di iniziare la metamorfosi che li porterà allo stadio adulto e, quindi, al mare.
Le lamprede di mare risalgono il fiume Vara per riprodursi
La specie è considerata “in pericolo critico” di estinzione dalla commissione italiana della IUCN. È elencata tra le specie protette dalla Convenzione di Berna ed è inserita nella Direttiva Habitat della UE. Nella Carta Ittica Provinciale e nel Piano Faunistico del Parco di Montemarcello-Magra sono previste sanzioni amministrative fino a €5.000 per l’inosservanza dei divieti descritti, tra i quali la cattura di lamprede, l’utilizzo come esca di ammoceti, e l’alterazione degli accumuli di sabbia all’interno dell’alveo. Inoltre, fino al 2012 è stato finanziato un progetto comunitario, durante il quale si è provveduto al posizionamento di massi allo scopo di diversificare il greto dei fiumi Magra e Vara, sono stati realizzati 8 passaggi su sbarramenti critici per favorire la continuità fluviale, e sono stati eseguiti censimenti di adulti ed ammoceti.
Speriamo che le misure adottate, e l’impegno profuso dagli amanti di questi ambienti ahimè così impattati, riescano a preservare dall’estinzione un animale estremamente importante ed interessante dal punto di vista zoologico ed evolutivo, che ha attraversato indenne centinaia di milioni di anni, prima di scontrarsi suo malgrado con la comparsa di una specie davvero aggressiva: l’uomo.